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Santuario del Pilastrello - LA CAPPELLA DELL'ABATE CELESTINO COLOMBO
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Nel 1935 muore l'abate Celestino Colombo e il suo successore Zilianti si prodiga per il trasporto della salma in Basilica, avvenuto con solenne celebrazione il 24 settembre 1936.
Il luogo deputato per la nuova cappella è la vecchia sagrestia, ristrutturata nel 1936 per adeguarla alle nuove funzioni. Al di sopra della mensola della tomba la tavola con S. Pietro (olio su tavola, cm. 145 x 39), attribuita al lendinarese Sebastiano Filippi o alla bottega di Giovanni Luteri detto Dosso Dossi (Ferrara c.a. 1479 - c.a. 1542). Compiuta intorno al 1525 raffigura «S. Pietro, in veste azzurra e manto rosso che tiene in mano due chiavi, una per il paradiso e l'altra per l'inferno» (Brandolese, 1990, pag. 83).
La storia di questa tela è singolare ed è legata a quella del S. Paolo, conservato presso la Pinacoteca dei Concordi di Rovigo. Nel 1820 Paolo Battizocco, estimatore d'arte, in visita alla chiesa di Cavazzana vide che le due tavole impiegate da alcuni muratori per fare calce erano le stesse costituenti le portelle dell'organo della chiesa. Una volta acquistate vendette il S. Pietro a don Giacomo Pietrobelli di Lendinara che lo donò al Santuario nel 1831, ed il S. Paolo al nobile Nicolò Casalini di Rovigo.
Le vicende critiche che hanno portato ad attribuire l'opera alla bottega del Dosso Dossi invece che a Sebastiano del Piombo o a Sebastiano Filippi da Lendinara sono assai complesse. La qualità pittorica della tavola individua i caratteri propri della pittura ferrarese del Dossi. Queste due opere inoltre si ritengono, per le dimensioni, portelle laterali di un polittico smembrato.
Il luogo deputato per la nuova cappella è la vecchia sagrestia, ristrutturata nel 1936 per adeguarla alle nuove funzioni. Al di sopra della mensola della tomba la tavola con S. Pietro (olio su tavola, cm. 145 x 39), attribuita al lendinarese Sebastiano Filippi o alla bottega di Giovanni Luteri detto Dosso Dossi (Ferrara c.a. 1479 - c.a. 1542). Compiuta intorno al 1525 raffigura «S. Pietro, in veste azzurra e manto rosso che tiene in mano due chiavi, una per il paradiso e l'altra per l'inferno» (Brandolese, 1990, pag. 83).
La storia di questa tela è singolare ed è legata a quella del S. Paolo, conservato presso la Pinacoteca dei Concordi di Rovigo. Nel 1820 Paolo Battizocco, estimatore d'arte, in visita alla chiesa di Cavazzana vide che le due tavole impiegate da alcuni muratori per fare calce erano le stesse costituenti le portelle dell'organo della chiesa. Una volta acquistate vendette il S. Pietro a don Giacomo Pietrobelli di Lendinara che lo donò al Santuario nel 1831, ed il S. Paolo al nobile Nicolò Casalini di Rovigo.
Le vicende critiche che hanno portato ad attribuire l'opera alla bottega del Dosso Dossi invece che a Sebastiano del Piombo o a Sebastiano Filippi da Lendinara sono assai complesse. La qualità pittorica della tavola individua i caratteri propri della pittura ferrarese del Dossi. Queste due opere inoltre si ritengono, per le dimensioni, portelle laterali di un polittico smembrato.
Nell'altare della Cappella dedicata all'abate Celestino è posta la tela Madonna con il Bambino e Santi (olio su tela, cm. 100 x 67). «Nel registro superiore domina il Padre Eterno a braccia aperte, con la colomba dello Spirito Santo sul petto e, a destra, tre cherubini. In primo piano sono la Madonna in veste rossa e manto azzurro, che sorregge il Bambino Gesù inginocchiato su un giaciglio ricoperto di drappi bianchi a mani giunte e con lo sguardo rivolto al Padre Eterno; a sinistra, S. Giovannino con il drappo rosso, la croce pastorale e, vicino, l'agnello, suoi tradizionali attributi; alle spalle della Madonna, S. Paolo con la croce e la spada in mano. Il dipinto è racchiuso in una cornice dorata e decorata con una serie di quarantasei teche, di diverse forme, contenenti reliquie dei Santi» (Brandolese, pag. 201).
Una fessura nella parete verso l'esterno della chiesa dà luce ad una meridiana che fa culminare il sole a mezzogiorno proprio sulla tomba dell'abate Celestino.
Fissate al muro due lapidi, già sepolcrali a pavimento, recanti le scritte «Melchior Sabini / turri.Templi hui. / ae. p. extrus. / sibi suisq./ P. / A. MDCCXLIX» e «Familiae Locatelli / et haer». Alla destra della tomba funeraria e dell'accesso alla scala interna del campanile un piccolo altare in marmo con la soprastante pala che raffigura Il Padre Eterno, la Madonna con il Bambino, S. Giovannino e S. Giuseppe. E' racchiusa entro una splendida cornice in legno, indorata da Novello Soà, ed arricchita da 46 teche contenenti le reliquie di alcuni santi. L'opera, attribuita a Tommaso Sciacca, è datata intorno al 1792.
Fissate al muro due lapidi, già sepolcrali a pavimento, recanti le scritte «Melchior Sabini / turri.Templi hui. / ae. p. extrus. / sibi suisq./ P. / A. MDCCXLIX» e «Familiae Locatelli / et haer». Alla destra della tomba funeraria e dell'accesso alla scala interna del campanile un piccolo altare in marmo con la soprastante pala che raffigura Il Padre Eterno, la Madonna con il Bambino, S. Giovannino e S. Giuseppe. E' racchiusa entro una splendida cornice in legno, indorata da Novello Soà, ed arricchita da 46 teche contenenti le reliquie di alcuni santi. L'opera, attribuita a Tommaso Sciacca, è datata intorno al 1792.