Santuario del Pilastrello - LA SAGRESTIA

 
Sulla parete destra della crociera di sinistra un'ampia apertura architravata immette nella nuova sagrestia, il cui spazio venne organizzato nel 1936 in occasione della costituenda cappella funeraria dell'abate Colombo. Al di sopra dell'accesso un'iscrizione dipinta recante la scritta«Simulacrum B.M.V. / Senatus Veneti permis. /et / Arnaldi Speroni Ep. Adr. / decreto / ex hac aedicula est / ad altare majus / traslatum / III idus maii / A. MDCCVC». L'ambiente è strutturato su due diversi ambiti spaziali: due colonne ioniche e lesene parietali sostengono i soffitti e costituiscono diaframma separatore tra le due sale, la seconda delle quali elevata dalla superficie pavimentata di un gradino in marmo rosso di Verona. Le sale risultano adorne alle pareti di numerose tele di pregevole valore artistico. Appena entrati sulla parete destra si osserva l'opera S. Andrea Apostolo (olio su tela, cm. 120 x 86), inserita entro una splendida cornice marmorea di buon modellato, con un cartiglio in marmo capovolto, posto sotto il listello inferiore, recante l'iscrizione «DEI GLORIAM EREXIT 1739» La tela, della metà del XVII secolo, è attribuita tradizionalmente a Jusepe De Ribera detto lo Spagnoletto (Jativa de Valencia 1591 c. - Napoli 1652) per i numerosi dettagli pittorici riscontrabili in altre sue opere.

   La raffigurazione esalta il volto e la figura del santo mediante il vivo contrasto luminoso che lo fa emergere dal fondo scuro, espressione tipica dell'ambiente caravaggesco.

   «Egli appoggia la testa sulla mano e il gomito sul libro posato sopra il tavolo. Lo sguardo intenso è volto verso l'osservatore» (Brandolese, 1990, pag. 133). Destinato ad abbellire la sagrestia fin dal 1849-50 su iniziativa di don Serafino Pietrobelli, è stato di recente restaurato.
 
Oltre si ammirano le tele di grandi dimensioni di Angelo Trevisani (Venezia 1669 - 1753 c.) La Vergine e S. Giovanni intercedono per la rotta dell'Adige (olio su tela, cm. 383 x 308) del secondo-terzo decennio del '700 commissionata insieme ad altre cinque tele dall'abate Giacomo Petrobelli in occasione del centenario della liberazione dalla peste (1730). Le sei tele costituiscono un ciclo pittorico a valenza celebrativa il cui apparato iconografico è desunto dalla Descrizione dei miracoli della Madonna del Pilastrello di don Barnaba Riccobuono (1584) e di altri aggiunti nel 1695 da don Marco da Lendinara.

   Il dipinto raffigura «sul fondo il fiume Adige e due personaggi sulla riva, aggrappati a un tronco; in primo piano a sinistra un gruppo di uomini con attrezzi da lavoro; al centro, un uomo a cavallo vestito di rosso e azzurro, con cappello piumato e baionetta, che indica lo straripamento delle acque del fiume; in alto a destra, S. Giovanni inginocchiato sulle nuvole, con la veste rossa e la croce pastorale in mano, che indica alla Madonna di intercedere per la rotta del fiume» (Brandolese, 1990, pag. 143). La particolarità di questa tela si ravvisa nei toni molto scuri impiegati per le figure in primo piano che, contrastando nettamente dal luminosissimo fondo del fiume, assumono un ruolo espressivo privilegiato.
 
Segue la tela del XVII sec. raffigurante Il Beato Bernardo Tolomei che riceve dall'angelo la Regola e dalla Vergine con il Bambino, lo stemma (olio su tela, cm. 120 x 88) commissionata dall'abate Michele Cattaneo nel 1659. L'opera è l'esatto corrispondente del S. Andrea Apostolo avendo le stesse dimensioni ed identica cornice marmorea.

   «Nel dipinto è rappresentato il Beato Bernardo Tolomei, con l'abito bianco dell'Ordine, in ginocchio nell'atto di ricevere la Regola di S. Benedetto dall'angelo posto in alto a sinistra. Sopra il Beato, su una nuvola, sta la Madonna con il Bambino, con in mano il simbolo con i tre monti della congregazione fondata dal Beato. In alto a destra si vedono un angelo e due cherubini; in basso a sinistra, per terra, la mitria del Beato; sullo sfondo un paesaggio con un castello (forse la rocca di Cento)» (Brandolese, 1990, pag. 135). La tela è una fedele replica dell'opera eseguita nel 1661 da Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591 - Bologna 1666) per la chiesa di S. Michele in Bosco di Bologna, quest'ultima andata distrutta in un incendio nel Museo di Bordeaux in Francia. La paternità dell'opera è assegnata in alcuni casi al Guercino della maturità, in altri invece ad un suo allievo o aiutante di bottega, certamente esecutore raffinato e sapiente conoscitore del linguaggio pittorico del maestro.
 
Sulla parete di fronte, tra le due finestre, un'altra opera del ciclo pittorico di Angelo Trevisani La Madonna salva Lendinara dalla pestilenza nel 1630 (olio su tela, cm. 388 x 308), nella quale «in primo piano,a sinistra, si vede un gruppo di appestati; sullo sfondo la città di Lendinara e, sulla riva del fiume, una donna che lava i panni e un personaggio. In primo piano, a destra, un uomo nudo, allegoria del fiume Adige, con una corona di fiori in testa e la mano destra appoggiata su una vanga. Dietro una donna, in veste rossa foderata di azzurro e velo sul capo, che sostiene con la mano destra lo stemma della città di Lendinara con le due torri sormontate, una dalla Madonna del Pilastrello con il Bambino e l'altra dal leone di S. Marco: è l'allegoria della città di Lendinara che, inginocchiata, volge lo sguardo alla Madonna in alto, seduta su un trono di nubi con il Bambino in braccio. Alle spalle un gruppo di devoti; sotto a destra un cane» (Brandolese, 1990, pag. 143). Particolare rappresentativo dell'iconografia del dipinto, tratta dalla prefazione dell'abate Marco da Lendinara ai Miracoli del Riccobono, è l'ascesa al cielo della donna consunta dal morbo della peste, sul registro in alto a sinistra, che esprime con forza la drammaticità dell'evento.
 
Sulla terza parete della prima sala, corrispondente all'ingresso, in alto tre piccoli quadri raffiguranti, partendo da sinistra, S. Francesca Romana (olio su tela, cm. 98 x 74), la Madonna con il Bambino tra due Angeli (olio su tela, cm. 98 x 74) e il Beato Bernardo Tolomei riceve la Regola della Madonna con il Bambino e lo stemma dell'angelo (olio su tela, cm. 120 x 88).
 
Il primo quadro è opera di Antonio Cavallucci (Sermoneta 1736 c. - 1826) e di Giovanni Micocchi (1752 - 1795): la rappresentazione è stata eseguita per la maggior parte da Micocchi sotto la guida del suo maestro Cavallucci che la concluse con l'esecuzione dei volti della santa e dell'angelo. In esso «S. Francesca Romana in abito scuro e mantello bianco della congregazione benedettina di Monte Oliveto, è raffigurata nell'atto di declamare un passo tratto dai Salmi sul libro aperto che tiene in mano. Al suo fianco vi è un angelo in veste bianca e rossa che aiuta la santa a reggere il libro» (Brandolese, 1990, pag. 185). La tela, insieme ad altre, proviene dalla collezione privata dell'abate Griffi che ne fece dono al Santuario probabilmente in occasione della sistemazione della cappella della Vergine del Pilastrello nel 1795. L'opera riflette la tendenza della cultura romana di fine settecento che riprende i modelli classici della tradizione secentesca romano-bolognese, recepita dagli insegnamenti del maestro Cavallucci.
 
Il secondo quadro, La Madonna con il Bambino tra due angeli, si ritiene eseguito nella prima metà del Cinquecento da un artista legato alla tradizione pittorica tardo quattrocentesca. L'autore potrebbe figurarsi con Francesco Vecellio (Pieve di Cadore 1475 c. - 1560), fratello maggiore di Tiziano, per l'analogia del volto della Madonna con quello ritratto nella pala di Monopoli.
 
Il terzo quadro, Il Beato Bernardo Tolomei riceve la Regola della Madonna con il Bambino e lo stemma dall'angelo, omologo del quadro di S. Francesca Romana, è attribuito ad Antonio Cavallucci e faceva parte della collezione dell'abate Griffi. Il dipinto si presume compiuto tra il 1787 e il 1793, coincidente con il periodo nel quale la decorazione pittorica delle opere compiute dall'artista riflettono morbidezza di linee ed espressività nei volti, tipica di Guido Reni. La raffigurazione vede il Beato Bernardo Tolomei in veste bianca che riceve il libro contenente la regola della fondazione dell'Ordine. Ai lati della Madonna un angelo impugna il pastorale del Beato e l'altro tiene tra le mani il simbolo della congregazione.
 
Superato il colonnato si accede nella seconda sala caratterizzata dalla presenza, sulla parete di fondo, di un altare marmoreo di buona composizione architettonica. Opera dello scultore e altarista veronese Giuseppe Schiavi venne realizzato nel 1775 quale altare della B. V. del Carmine per la chiesa dei SS. Vito, Modesto e Crescenzio di Cerea (Verona); acquistato dal Baccari nel 1790, venne trasportato a Lendinara e deposto nel locale adibito a sagrestia nel giugno del 1800.

   Al posto della pala d'altare una statua raffigurante S. Lorenzo. La scultura venne realizzata nel 1800 dal giovane milanese Antonio Spazzi.

   Alla destra dell'altare la tela con l'Allegoria della città di Lendinara con un pubblico rappresentante conosciuta anche come Glorificazione del podestà Ludovico Pisani (olio su tela, cm. 178 x 256)
 
L'opera risulta di difficile critica vedendosi gli autori in Andrea Celesti (Venezia 1637 - Toscolano 1712) o in Matteo Ghidoni detto dei Pitocchi (1626 c - 1689). Il "pubblico rappresentante che riceve omaggio dalla città di Lendinara" altri non sarebbe che Ludovico Pisani in atto di ricevere l'incarico di podestà della città, come si desume dallo stemma con il leone spaccato di azzurro e argento posto sulla colonna alle sue spalle, appartenente alla sua famiglia. La città di Lendinara in questa tela è raffigurata nelle vesti di una donna inginocchiata, la quale con un gesto di riverente sottomissione rende omaggio al futuro podestà. Nell'angolo a sinistra tre stemmi si riferiscono rispettivamente alla famiglia Petrobelli e ad altre famiglie locali. L'influenza naturalistica e l'intonazione cromatica cupa del fondo, rischiarata dall'incarnato chiaro quasi diafano dell'angelo e della donna, riflettono il linguaggio dei «tenebrosi».

   Ai lati della grande tela e analogamente sulla parete opposta quattro quadri di formato ovale rappresentano gli Evangelisti (1830 c.), opera del lendinarese Giovanni Baccari (1788 - 1862). Alla sinistra dell'altare, tra i due quadri ovali degli Evangelisti, il Miracolo della B.V. del Pilastrello preservata dal fuoco (olio su tela, cm. 133 x 256) del lendinarese Francesco Mosca, che per il Santuario esegue numerose tele a carattere devozionale su commissione dell'abate Giacomo Petrobelli dal 1731 al 1735 circa.
 
Sulle pareti laterali, al di sotto delle due grandi tele, due custodie in marmo rosso di Verona con inserti di rosso di Francia custodiscono le reliquie di diversi santi.